giovedì 11 novembre 2010

La lunga marcia

A differenza di Chiara, che in questo senso già ha mosso i propri passi, io non mi sono mai sentito attratto dai viaggi a piedi. Non mi andava neppure di correre e mi rendo ben conto di come sia andata, o meglio stia andando. Quindi. Ancora non provo grande interesse per il genere, ma mai dire mai non è certo solo il titolo di uno storico film. Piuttosto, sognavo un lungo – anche lunghissimo – tragitto in bicicletta, che rimane lì nel cassetto (sia il percorso, sia il velocipede).
Lunghi tragitti con i libri li ho sempre amati percorrere e spesso mi dirigo nella sezione “Narrativa di Viaggio” delle biblioteche e delle librerie che frequento, assiduo.
Mi imbatto in questo libro del giornalista francese Bernard Ollivier, che giunto all'età della pensione, vedovo e con i figli grandi, decide di consumare con i propri passi la via della seta, da Istanbul a Xiang in Cina (10.000 km). Una passeggiata a tappe destinata a durare anni.
Questo primo libro racconta della Turchia, fino al mancato superamento della frontiera con l'Iran. Di sicuro leggerlo è interessante, Ollivier scrive e descrive bene fuggendo il rischio che ha sopraffatto molti scrittori di viaggio, perdutisi sulla strada dell'auto-celebrazione con il trascorrere dei km. Complimenti per la franchezza e l'obiettività. Ollivier è un signore anziano dalla invidiabile forma fisica e dalla non troppo nascosta antipatia. Ed è bello che sia lui stesso a rivelarla, la propria antipatia, talvolta auto-ironico, talaltra auto-critico, probabilmente consapevole che ad avere il tempo e le risorse una marcia come la sua non è poi una grande impresa atletica. A costituire l'impresa sono l'idea, la capacità di affrontare la solitudine, il dolore e la fatica, la paura. Interessante è il racconto perché tale è la via: abbandonare le strade statali per addentrarsi in sentieri e villaggi, con e senza il timore di affrontare delicati imprevisti. Ollivier è colto e preparato: conosce la storia del suo cammino, ha studiato anche l'ostica lingua turca. È curioso: cerca il contatto con le persone e lo fa con grande rispetto della cultura cui si accosta. Bel libro, leggerò anche le altre parti.

2 commenti:

  1. ciao Claudio,il tuo commento mi fa pensare a molte cose;io non sono un personale amante nè della bicicletta nè del cavallo di S. Francesco...però...la mia fantasia mi fa sin troppe volte sognare una lunga marcia in maniera diversa (in treno ad esempio,mi piacerebbe moltissimo partire da Milano e arrivare ad Hong Kong attraverso la transiberiana),ma ancora di più avrei una lunghisima marcia nella mia mente,attraverserebbe nazioni,culture e moltissimo altro.
    Non so se riuscirei ad essere come Ollivier magari antipatico ma autoironico,proverei e ripeto,proverei ad essere onesto,che poi è sostanzialmente la stessa cosa...
    Comunque,ringraziandoti per l'opportunità che mi dai per questi spunti di (piccola e povera) riflessione,a quando il TUO libro???lo so,te lo vranno già detto un sacco di volte...comunque è un vero piacere leggere i tuoi spunti di riuflessione.

    RispondiElimina
  2. Il viaggio in treno affascina molto anche me. Credo anch'io che ad essere se stessi, in una parola onesti, ci si guadagna sempre. Quanto al resto... grazie a te per l'apprezzamento. Mio libro... mmmmh (come direbbe Dan Peterson), qualche tempo fa pubblicai un racconto, poi solo saggi di ricerca (storica). Dovrebbe arrivare anche un libro, ma siamo su altre strade: è qui sul blog che lascio spazio al libero stile.

    RispondiElimina